martedì 11 settembre 2012

Un modo interessante di considerare i difetti



Da “Il piccolo libro della vita -Istruzioni per l’uso” di Neale Donald Walsch


…in ogni caso sapete cosa sono idifetti? Nient’altro che false illusioni fondate in apparenza. Ma questa è FIFA: False Illusioni Fondate in Apparenza.
Un tempo credevo di essere una persona con tutti questi difetti, e che fosse per questo che non riuscivo a fare funzionare le relazioni. Un tempo pensavo: “ se solo mi correggessi un po’, potrei presentarmi in una forma che potresti tollerare, se non proprio adorare”. Vedete, io pensavo di avere tutti questi difetti perché così tante persone nella mia vita, tra cui qualche volta i miei genitori, mi dicevano che avevo tutti questi difetti.
E poi, molti anni fa, mi sono imbattuto in un’insegnante che mi ha detto:

considera la possibilità che i tuoi più grandi errori siano anche le tue migliori qualità, solo che hanno il volume un pochino troppo alto. Considera la possibilità che proprio quelle cose di te di cui le persone si innamorano, siano quelle stesse cose che a volte le allontanano da te, perché hai alzato un pizzico di troppo il volume. E così, quella che magari per i tuoi amici è una spacconeria insopportabile quando dicono “E veramente troppo!” è la stessa cosa, esattamente la stessa qualità, che vanno cercando quando c'è il problema “chi guida il branco? Chi ci tira fuori da questo pasticcio?” E Neale il leader qui. E’ lui quello giusto”

Per esempio, sono una persona molto spontanea. Perciò quando c'è bisogno di una persona spontanea che si inventi qualcosa in fretta …”Ehi, è Neale quello giusto”. Ma questa è anche la parte di me che dicono essere “irresponsabile”.
Dunque la mia irresponsabilità è solo la mia spontaneità con il volume di una o due tacche troppo alto. Così quest’insegnate diceva “Neale, a volte è solo questione di abbassare un po’ il volume. Ma non del tutto. Non cercare di cambiare un aspetto di te stesso. Non provare a eliminare quella parte di ciò che sei dal tuo comportamento. Non rinnegarla. Soltanto, abbassa il volume, di poco, e nota che in ogni momento esiste un volume giusto degli aspetti di ciò che sei che può essere accettabile. E qualche volta il volume andrà alzato, qualche volta abbassato. Non è un modo delizioso di vedere la cosa? Così ora non devo più pensare di essere una persona piena di tutti quei difetti. Ho soltanto tutte queste ottime qualità, ma certe volte con il volume un po’toppo alto (ma ormai neanche tanto spesso). Capito?

                                                                                                                     Dott.ssa Francesca Caputo
                                                                                                                       www.ricominciodaqui.it

lunedì 3 settembre 2012

Il piccolo libro della vita

Vorrei condividere con voi alcuni passi tratti da un meraviglioso libro. Interessanti spunti per provare a leggere, in una nuova prospettiva, antichi dilemmi.

                         Da “Il Piccolo Libro della Vita” Di Neale Donald Walsch

                                                       LA STANZA DELLA VITA 
L’argomento che tratteremo sono le relazioni umane, qualcosa che molti di noi vivono con una certa difficoltà e tra coloro ci sono anch’io. Frale funzionare. Farle durare sforzarmi di vedere che senso avessero nella mia vita. Non ho mai veramente capito, fino a tempi molto recenti, che cosa fa funzionare le relazioni. E nel mio caso ho riscontrato che il vero problema era che iniziavo le relazioni per i motivi sbagliati. Iniziavo le relazioni pensando a che cosa potevo ricavarne. Quindi, nel momento in cui la relazione non mi dava più ciò che immaginavo dovesse darmi, io volevo tirarmi fuori dalla relazione. E’ questo il modello in cui sono ricaduto per la maggior parte della mia vita adulta. Così, vivevo una relazione dopo l’altra alla ricerca di quella persona perfetta per me che potesse farmi sentire realizzato. Che potesse vedermi per come ero davvero e farmi sentire felice. E vedete, ero disposto a fare uno scambio equo. Ho imparato, per esempio, a sublimare alcune parti della mia personalità che, dopo un certo numero di rapporti falliti, capivo che non risultavano attraenti agli altri. Vi farò un esempio che forse trovereste sciocco ma che faccio sempre proprio perché è sciocco. C’era un periodo in cui stavo con una donna e credevo che lei sarebbe stata la donna della mia vita… (l’autore racconta dettagliatamente una sera a teatro in cui ride spontaneamente e rumorosamente alle battute ironiche degli attori; la compagna è molto infastidita dal molto in cui l’attore ride e glielo fa notare “ma devi per forza ridere così? Viene giù il teatro!”) E ricordo di avere pensato:” così come?” perché vedete, non mi rendevo neanche conto..non immaginavo che la mia risata le causasse imbarazzo. E ricordo il mio desiderio intenso di fare qualsiasi cosa potesse servire per tenerla in quella stanza. In senso figurato, tenerla nella stanza della mia vita. (Comunque dovrei dire per inciso che ho passato la maggior parte della mia vita cercando di tenere delle persone nella mia stanza). Farò qualunque cosa… ma resta in questa stanza. Resta, ti prego, non andartene da questa stanza. Cosa posso fare per tenerti qui? Quale parte di me stesso posso accantonare pur di tenerti qui? Non m’importa, la metterò da parte. Mi importa solo che resti nella stanza della mia vita. Vedete io ero consapevole del compromesso che dovevo fare, o che pensavo di dover fare, per tenere le persone nella mia stanza. Quindi, ho fatto quello che credevo giusto perché la stanza fosse sempre occupata. E invece la stanza continuava a svuotarsi lo stesso. Era un gioco di scambi: senti un po’, io non rido così se tu non starnutisci cosà. Io non mangio così, se tu non fai quest’altra cosa. Compromessi…e i compromessi in genere sono anche più importanti di questi temo. Ed è così che ho scoperto che le mie relazioni nascevano per i motivi sbagliati: che stavo cercando quella valuta negoziabile che potesse bastare per tenere tutti nella mia stanza. Quali aspetti di me, possono essere così attraenti, così magnetici da riuscire, qualunque cosa accada, a tenerti nella mia stanza? E non capivo che mi sbagliavo. Perché così la relazione diventa una transazione commerciale. La finalità di una relazione non ha niente a che fare con ciò che pensi di poter ricavare, ma ha a che fare con ciò che scegli di metterci dentro. Mettere qualcosa come mezzo per esprimere Chi-Sei-Davvero. Ciò che metti in una relazione deve essere autentico; non rinnegare mai il vero te stesso. E se il vero te stesso non è sufficiente, o non è abbastanza attraente, per tenere quella persona nella stanza , lascia che se ne vada. Perché nella stanza arriverà qualcuno che troverà sufficientemente attraente il vero te stesso. E quando verrà nella tua stanza, in risposta alla tu autenticità, rimarrà, perché non dovrai continuare a recitare per tenerlo nella stanza della tua vita.

                           “CIO’ CHE VOGLIO PER TE E’ CIO’ CHE TU VUOI PER TE”
Quando doniamo noi stessi agli altri al massimo, permettiamo a noi stessi l’esperienza di un amore che non conosce condizioni. Un giorno di questi scopriremo persino un modo per gestire una separazione senza amarezze. Un giorno di questi saremo in grado di guardarci in faccia e dire: “mi accorgo che il nostro tempo insieme si è concluso. Mi accorgo che è il momento di continuare volerci bene incondizionatamente, ma facendolo dall’altro capo della stanza, della strada o dall’altro capo del mondo. Perché alcuni dei tuoi comportamenti fisici non sono in armonia con il mio in cui scelgo di vivere la mia vita. E questo non vuol dire che non ti amo. Un giorno di questi saremo capaci di dire la verità senza dover trovare per forza qualcosa di sbagliato nell’altro, o farlo apparire il cattivo della favola per poter giustificare la nostra verità. Quindi, quando amiamo qualcun altro, non cerchiamo mai di limitarlo o costringerlo in nessun modo. L’amore dice “Ciò che voglio per te è ciò che tu vuoi per te”. Il cuore umano si accorge quando gli viene chiesto di essere meno di ciò che è. L’amore dice “ Scelgo per te ciò che tu scegli per te”. Qui c’è ‘ironia suprema di questo paradigma: nel momento in cui dico “Scelgo per te ciò che tu scegli per te”, tu non mi lascerai mai. Perché ciò che tutti cerchiamo è qualcuno che ci lasci avere dalla vita ciò che vogliamo. Vedete, tutto il mondo congiura per non farci avere dalla vita, a partire dai nostri genitori quando abbiamo due anni. “ Non puoi averlo” E poi gli insegnanti a scuola: “ Non masticare le gomme in classe”. Questo continua negli anni dell’adolescenza quando sotto la spinta della nascente sessualità, vorremmo solo viverla ma il mondo congiura che è inappropriato per vari motivi. Oh, quanti disastri abbiamo creato su questo pianeta per tutte queste pazzie sulla sessualità! E continua negli anni della giovinezza, e anche quando siamo più maturi, con il mondo che ci dice che non possiamo avere ciò che vogliamo davvero. [……] In una relazione basata sull’espressione genuina del vero amore, non solo va bene che la moglie vada dal marito e dica “Posso fare un corso di cucito?”, ma va bene anche che la moglie vada dal marito e dica “Posso andare a pranzo con Harry? E il marito che chiameremo Mike, risponde, “Ciò che voglio per te è ciò che tu vuoi per te. Se vuoi pranzare con Harry, pranza con Harry. Ti amo abbastanza da volere ciò che tu vuoi per te”. Se questo Harry avesse qualche intenzione di soffiare la donna a Mike, potrà mettersi il cuore in pace, perché il numero di donne che lasciano quelli come Mike, che concedono loro quel tipo di libertà di esprimersi, è esiguo. Ma è enorme il numero di donne che scapperebbero subito da Mike, se Mike dicesse:” non puoi pranzare con Harry, anzi non devi neppure fare il suo nome in questa casa! Non ci pensare neanche, ma che hai per la testa?” E ovviamente il discorso vale allo stesso modo per le donne nei confronti degli uomini. Lo “scelgo per te ciò che tu scegli per te”, è una grande sfida (non facile) che dovremmo iniziare a mettere in pratica con coloro che amiamo di più per avere relazioni autentiche, non limitanti e soddisfacenti.

                 LE DUE PAROLE MAGICHE: “COME VUOI”.“COME (TU) VUOI”.
All’interno di una relazione vivi autenticamente, vivi la tua verità. (l’autore si appresta a fare un altro esempio). Una volta mi sono rivolto alla splendida signora con cui ero sposato e ho detto qualcosa che mi ha colpito. L’ho guardata con una certa spontaneità e le ho detto. “Sai, vivere con te è come vivere da solo”. Questa è una cosa importante da dire. Perche, vedete, io sono più autentico, sono più me stesso, quando non ho nessuno intorno. Potrei uscire dal letto e camminare per casa nudo per dieci minuti. Potrei anche scendere in cucina senza vestiti. Potrei dire certe cose, cantare una canzone; potrei.. potrei fare qualunque cosa, potrei esistere in modi che mi immagino di poter esistere solo quando sono totalmente da solo. Se vivete con una persona veramente deliziosa, vi accorgerete che vivere con lei è come vivere da soli. Una persona del genere sa letteralmente restituirvi a voi stessi. Dunque, la nostra sfida è: possiamo vivere una relazione senza condizioni? Possiamo vivere in una relazione che non dice mai di no ma solo di sì all’altro? Possiamo usare le nostre relazioni come espressione del più magnifico tipo di amore che possiamo immaginare? Amiamo abbastanza l’altra persona da riuscire a dire le due parole magiche? Non “ti amo”. Onestamente queste sono un po’ abusate. Ecco le due parole magiche di ogni relazione: come vuoi. Come (tu) vuoi. Quando siamo pronti a dire questo, possiamo davvero restituire una persona a se stessa. Ma finché non siamo pronti a dirlo, abbiamo semplicemente cercato di usare il nostro rapporto con l’altro per dare a noi stessi ciò che immaginiamo ci serva per essere felici.

                                                                                     Dottoressa Francesca Caputo
                                                                                          www.ricominciodaqui.it

lunedì 27 agosto 2012

L'IO, IL TU,IL NOI: COME ENTRARE IN RELAZIONE CON L'ALTRO MANTENENDO LA PROPRIA IDENTITA'

Tra i meravigliosi miti del filosofo Platone, ce n’è uno chiamato “Il mito di Aristofane” o” Mito dell’androgino”, che tratta l'immortale tema dell'amore. Il mito narra di come un tempo i primi abitanti della terra fossero esseri androgeni, uomo-donna fusi insieme, esseri che avevano in comune caratteristiche maschili e femminili, esseri perfetti che non mancavano di nulla. In quel tempo tutti gli esseri umani avevano due teste, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali. Per via della loro potenza, gli esseri umani erano superbi e tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dei. Zeus, che non poteva accettare un simile oltraggio, decise di intervenire e con un fulmine, divise in due parti le androgine cerature. In questo modo gli esseri umani così divisi e s'indebolirono. Da quel momento il loro destino è quello di tendere alla ricerca della loro antica unità e della perduta forza; è da questa divisione in parti che nasce negli umani il desiderio di ricreare la primitiva unità. Secondo il mito di Platone, da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all’antica perfezione. Due sono le tipologie d'amore contemplate: il rapporto omosessuale (se i due partner facevano parte in principio di un essere umano completamente maschile o completamente femminile) e il rapporto eterosessuale (se i due facevano parte di un essere androgino). “Dunque al desiderio e alla ricerca dell’intero si dà nome amore” (Platone, Simposio, 192e-193a) E questo era il mito. Saremmo tentati di credere che questa sia la spiegazione, se non altro logico-pragmatica (“tendere all’unità per ritrovare la forza perduta”) dello stare insieme!! L’idea espressa nel mito è molto bella e può evocare sfumature romantiche o ironiche a seconda di chi lo ascolta. Soffermiamoci un attimo su quelle romantiche: la ricerca dell’”altra metà del cielo”, della “metà della mela”, del “pezzo mancante” (ahi!) ecc. Siamo cresciuti tutti (o quasi) sotto la parziale influenza di questi “miti”. Tuttavia, presi dal romanticismo che tanto ispirano tali concetti, tendiamo a tralasciare un aspetto importante per la nostra crescita ed evoluzione personale: l’individualità. La coppia dovrebbe assumere la caratteristica di contenere in sé due esseri finiti e completi ancora prima di scegliersi. E’ importante riconoscersi all’interno di essa come individuo, con i propri ritmi, i propri bisogni, i propri valori pur facendo parte allo stesso tempo, di un sistema (il sistema coppia); questo per favorire l’accettazione delle differenze tra i individui all’interno della relazione. Riconoscere i propri intimi bisogni e la propria diversità, significa anche riconoscere la propria identità e creare con essa un rapporto di continuità. Spesso invece tendiamo a voler eliminare queste differenze nel tentativo di evitare il conflitto o compiacere il partner, senza accorgerci che paradossalmente, così facendo, smettiamo di piacergli. In alcuni casi ci siamo così tanto adeguati all’altro da non riconoscerci più, e neanche l’altro finisce per trovare in noi ciò che lo aveva fatto innamorare (non è raro per esempio, che per stare con il partner vengano messe in secondo piano le proprie amicizie e i propri interessi). E’ importante quindi imparare a sentire che lo strumento che possiamo utilizzare affinché l’io non si perda nel noi è quello di essere costantemente presenti alla nostra vita e alle nostre esigenze. Centrarsi su di sé dunque. E’ fondamentale trovare e conservare il piacere che deriva dall’essere noi stessi senza farci condizionare dai desideri del partner. Se impariamo a fare questo, potranno giovarne anche eventuali relazioni future, nelle quali entreremo con una maggiore “centratura” su noi stessi. Molto spesso, invece, con il procedere della relazione facciamo l’esatto contrario! La nostra identità si modifica tendendo all’uniformità con chi ci sta accanto; in questo atto, rischiamo di perdere la nostra individualità, dimenticando che il partner ci aveva scelto proprio in quanto altro da lui/lei. L’atto del centrarsi su di sé da parte dei membri di una coppia, implica il posizionarsi e il trovare una “giusta” distanza; giusta per quel tipo particolare di coppia. La distanza quindi va negoziata e condivisa dai partner. A tal proposito, il breve passo del seguente articolo esprime bene il concetto di “sana distanza”. Fonte: http://www.anthroposmagazine.com/sito/ http://www.anthroposmagazine.com/sito/articolo.php?id=55 La “sana” distanza Nella relazione di coppia bisognerebbe imparare dai porcospini della favola di Schopenhauer: Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione. (“La favola dei porcospini”; A. Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, II, 2, cap. 30, 396) “Mantenere una moderata distanza” dice la favola; invece tendiamo ad annullarla e ad annullare le differenze per adeguarci alle esigenze di chi vive con noi, senza renderci conto che questo è il modo più rischioso per vivere una relazione. L’altro infatti, se inizia vederci così diversi da come gli siamo piaciuti, può perdere interesse e allontanarsi. Quando ci si innamora di qualcuno è normale cercare di costruire un’unità fusionale in cui i contorni fra noi e il partner si perdono. Questa fase serve per definire il confine della nuova relazione e per separarla dal resto del mondo. E’ importante però sapere che ciò non può funzionare a lungo; affinché una relazione cresca e si evolva, bisogna che a un certo punto i membri della coppia recuperino la propria individualità: questo non significa allontanarsi davvero, ma ritrovare se stessi confrontandosi con l’altro senza perdersi in lui/lei. Paradossalmente il recupero della nostra reciproca identità, non solo ci porterà nuovamente al raggiungimento della nostra autonomia, ma anche l’altro finirà per riconoscerci per come gli siamo piaciuti nel momento in cui ci ha scelto.
                                                                                    Dottoressa Francesca Caputo
                                                                                          www.ricominciodaqui.it

mercoledì 22 agosto 2012

Terapia di coppia: la coppia e l'individuo


Il rapporto di coppia è un sistema complesso di relazioni che si intersecano su diversi piani e che coinvolgono numerose sfere della vita dell’individuo. La vita di coppia viene influenzata dalle relazioni con le famiglie d’origine, dal tipo di professionalità, dagli accordi dalle amicizie o dalle scelte riguardanti il modo di utilizzare il tempo libero e da molti altri fattori.
Ogni atteggiamento individuale nei confronti delle diverse sfere che compongono l’insieme dei rapporti di coppia è influenzato dall’intensità degli stimoli esterni e dall’atteggiamento del partner, a cui rispondiamo con azioni che, a loro volta, producono retroazioni (feedback) in un complesso sistema circolare. E’ necessario imparare a stare nella relazione con l’altro mantenendo la propria identità.

“Il corso del vero amore non fila mai liscio”
William Shakespeare

Negli ultimi anni la psicoterapia di coppia è diventata un’esigenza sempre più comune ed è cresciuta la sensibilità verso alcune problematiche che caratterizzano le relazioni di coppia: i ruoli maschili e femminili non sono più ben definiti come prima e questo può generare disorientamento e confusione.
La psicoterapia di coppia permette ai partner di superare i momenti critici, trovando insieme una comune chiave di lettura per valutare ed affrontare in modo diverso le problematiche in corso; mira a ristabilire, recuperare o generare quelle risorse che permettono al legame di divenire nuovamente, fonte di benessere anziché causa di sofferenza.
Si tratta di raggiungere una presa di coscienza di quali siano le dinamiche (le modalità comunicative, le aspettative inconsce reciproche, ecc.) che caratterizzano la coppia in generale con particolare attenzione a quelle che determinano uno stato di malessere nella relazione. Per i partner è fondamentale poter capire come ognuno di essi contribuisca al mantenimento della situazione attuale, impedendo così il cambiamento.
Occorre precisare però, che nel corso di una consulenza di coppia, l'obbiettivo non è quello di mantenere la coppia unita a tutti i costi, quanto piuttosto a capire qual è la situazione migliore per quella coppia o per quella famiglia, valutando pertanto, anche la separazione quand’essa si presenti come soluzione più adatta per il benessere delle persone coinvolte.



L’individuo

“Scoprendo se stesso
l’uomo finalmente diventa causa:
non subisce più la vita ma la crea”

"Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli Dei"

L’obiettivo primario è quello di accompagnare la persona verso un cambiamento che si concretizza nel raggiungimento di uno stato di maggior benessere personale.
La riflessione su di sé e la rinnovata capacità di mettersi in discussione porteranno la persona al raggiungimento di una più completa e complessa consapevolezza di sé.
Cambiamento e consapevolezza.

Attraverso la fiducia che si crea nel rapporto con il professionista, la persona arriva a costruire un’esperienza di relazione nuova e con essa, una diversa modalità di rapportarsi agli altri, favorendo il senso di autonomia e l’attivazione di nuove risorse.
L’aiuto è quello di arrivare a comprendere insieme alla persona, quali sono i pattern relazionali alla base dei comportamenti che creano malessere, in un opera di co-creazione di una realtà nuova.
L'obiettivo è il cambiamento consapevole.
Il terapeuta offre un aiuto e una guida partecipando al raggiungimento di un obiettivo di benessere e di realizzazione personale.
Ecco che si fa propria una visione positiva della vita e si apre la strada al confronto e alla curiosità, abbracciando una logica in cui è ammessa l’esistenza di una diversa molteplicità dei mondi per entrare nell’ambito delle infinite possibilità.


                                                                              Dott.ssa Francesca Caputo




martedì 14 agosto 2012

"L'incontro tra due persone e' chimica pura 

se c'e' una relazione  tra gli elementi, questi subiranno

 una trasformazione

 permanente.  

                                         Carl Gustav Jung


La terapia e' lo spazio e il tempo dell'incontro,dell'esperienza e della crescita.

E' attraverso l'ascolto,l'osservazione e la parola che il professionista e il cliente partecipano ad una nuova relazione d'aiuto per affrontare con nuove strategie ,un momento di difficolta'.
Per ritrovare un benessere tutto nuovo e far emergere qualita' e talenti personali rimasti imbrigliati nella matassa del tempo.
Per raggiungere una maggiore consapevolezza di se',di cio' che si e', e del modo unico e personale di entrare in relazione con l'Altro.
                                                             
                                                                    La coppia
                                            
                             "Eravamo insieme,tutto il resto l'ho scordato"
                                                                             Walt Whitman

La coppia e' qualcosa di piu' della semplice somma degli individui che la compongono configurandosi spesso come luogo d'incontro di differenze e poliedricita'.
Essa si configura quindi come realta' terza rispetto alle persone che la costituiscono ed è in grado di influenzare e plasmare i rispettivi membri.
E' così che quando una coppia funziona, favorisce lo sviluppo emotivo e la crescita personale di entrambi i partner, al contrario in determinati casi questo benefico effetto della relazione viene minato o perduto.

lunedì 6 agosto 2012

Mediazione familiare

A chi si rivolge la mediazione familiare?
  • Alle coppie in via di separazione o divorzio che intendono affrontare gli aspetti pratici legati allo scioglimento del loro legame affettivo.
  • Ai genitori che devono ricostruire il nuovo assetto famigliare.
  • Alle coppie senza figli che intendono negoziare la futura riorganizzazione patrimoniale.
  • Alle coppie già separate o divorziate che intendono rivedere i propri accordi.
In queste occasioni i coniugi sono aiutati a mantenere la continuità del loro ruolo di genitori, a minimizzare le conseguenze negative della rottura famigliare e a proteggere gli interessi e il benessere dei figli.

L'accordo raggiunto è frutto della volontà della coppia.
E' un processo informale e collaborativo che ha per obiettivo quello di assistere le parti affinché raggiungano un accordo rispondente ai propri bisogni, ai propri interessi e a quelli di tutti i membri coinvolti.

Il mediatore NON propone, NON consiglia, NON giudica.
Il suo ruolo NON è quello di influenzare le parti verso una soluzione o l'altra.
Il mediatore conosce semplicemente gli strumenti per facilitare l'accordo.

Si parte, in genere, da un disaccordo per arrivare a un accordo di cui solo le parti sono responsabili.
La strada che porta all’accordo è spesso faticosa, fatta di slanci, verso la comprensione di quello che si vuole per noi e/o per i figli e di marce indietro, talvolta impreviste e imprevedibili, che chiudono la possibilità di comprendere. Per questa ragione si parla di “processo” di mediazione, volendo evidenziarne la caratteristica di percorso che parte da un punto, il conflitto, e che va nella direzione di un altro punto, gli accordi, il cui esito è sconosciuto a tutti e tre i partecipanti.
Il mediatore è colui che accompagna le parti in questo “processo”, nel ruolo di terzo rispetto al conflitto, facilitando la comunicazione; non esplora aspetti del passato della coppia, ma solo quelli presenti e orientati al futuro.
Il mediatore non prende posizione nel conflitto, è equidistante pur nel rispetto del principio di “equivicinanza”.

La mediazione familiare è una procedura complementare o alternativa alla lite legale e ad altre forme di assistenza terapeutica o sociale, in cui una terza persona imparziale, qualificata e con una formazione specifica, chiamata mediatore, agisce per incoraggiare e per facilitare la risoluzione di una disputa fra due o più parti.

E’ un processo informale, non basato sul piano antagonista vincitore-perdente, che ha per obiettivo quello di assistere le parti affinché raggiungano un accordo rispondente ai propri bisogni, ai propri interessi e a quelli di tutti i membri coinvolti.
L’accordo raggiunto dovrà essere volontario, mutuabile accettabile e durevole.
In mediazione l’autorità decisionale resta alle parti.

La Mediazione familiare e il suo ambito di applicazione

Indica la mediazione di questioni familiari, includendovi rapporti tra persone sposate e non (conviventi more uxorio, genitori non coniugati), con lo scopo di facilitare la soluzione di liti riguardanti questioni relazionali e/o organizzative concrete, prima, durante e/o dopo il passaggio in giudicato di sentenze relative tra l’altro a:
-dissoluzione del rapporto coniugale;
- divisione delle proprietà comuni;
- assegno di mantenimento al coniuge debole o gli alimenti;
- responsabilità genitoriale condivisa;
- esercizio della potestà genitoriale;
- residenza principale dei figli;
- visite ai minori da parte dei nonni;
che implicano la considerazione di fattori emotivo relazionali, con implicazioni legali, economiche e fiscali.





L’obiettivo sostanziale del lavoro di mediazione, mancando il quale ogni decisione e accordo rischia di avere vita breve e stentata, è che le parti riescano a ripristinare un canale di comunicazione tra loro che consenta, nel presente e nel futuro, il costituirsi di una sorta di zona franca, di area della relazione sgombra dal conflitto, in cui insediare e alimentare la necessità e la possibilità di occuparsi ad esempio dei figli a dispetto del disgiungersi delle storie personali.
Uno degli obiettivi principali della mediazione familiare infatti è il raggiungimento della co-genitorialità o bi-genitorialità ovvero la salvaguardia della responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli, in special modo se minori.

Tra le abilità del mediatore emergono:
  • l’empatia, capacità di riuscire a sentire il mondo personale della persona che si ha davanti come se fosse il nostro mondo.
  • l’accettazione incondizionata, la persona viene accettata senza cadere nella valutazione, in quanto individuo unico, distinto, specifico e con esperienze e sentimenti personali. Significa inoltre provare un interesse sincero per l’altro senza pretendere niente in cambio.
  • l’imparzialità, non lasciarsi coinvolgere e prendere le parti dell’uno o dell’altro.

    E’ bene sapere che

    La mediazione familiare non è necessariamente rivolta alle coppie che hanno già deciso di separarsi: in quanto servizio di aiuto in caso di conflittualità familiare, possono recarsi dal mediatore tutti coloro che vivono una situazione di conflitto in famiglia e che sentono il bisogno di trovare uno spazio neutro in cui confrontarsi per chiarire la propria posizione, le proprie idee.



L'agenzia Ricomincio da Qui



Ricomincio da Qui, la prima agenzia per affrontare il momento della separazione

Quando un matrimonio va in crisi rischia di frantumarsi tutta una vita. Gli affetti, il lavoro, la sicurezza economica conquistata dopo anni di duri sacrifici vengono messi a dura prova.
Sono momenti complessi ed estremamente delicati da gestire, dove è facile lasciarsi trasportare dall’emotività compiendo scelte avventate che si ripercuotono a catena provocando ulteriori lacerazioni.
Ma da oggi si può contare sull’aiuto di Ricomincio da qui, l’agenzia di professionisti specializzata nel seguire le coppie passo passo supportandole nel momento in cui il matrimonio non funziona più.
Un team di esperti e di servizi su misura .

Il nostro slogan - Le storie più belle sono anche quelle che finiscono bene - sintetizza la nostra filosofia.
Dobbiamo lasciarci alle spalle l’idea che la fine di un matrimonio debba per forza essere un momento drammatico. Lo diventa solo se gestito male. Facendosi accompagnare dai nostri esperti ogni aspetto viene tutelato.

Il primo approccio è provare a recuperare il rapporto di coppia con un servizio di counseling personalizzato, un ascolto non giudicante delle problematiche che impediscono la normale vita familiare. è una fase estremamente importante, una prima occasione di confronto e incontro per provare a ricucire o per capire quali sono gli scogli che minano il rapporto.
La prima consulenza è sempre gratuita  e vi permetterà di decidere con serenità l'eventuale iter di supporto da seguire in futuro con noi.

Se la situazione è irrecuperabile: 
Il team, formato dal divorce planner, dalla psicoterapeuta di coppia, dall’avvocato
matrimonialista, lavora in modo sinergico.
 Un divorzio, oltre ad avere tempi lunghissimi, può tradursi in un costo economico
pesante e causare sofferenze psicologiche. 
Un primo obiettivo è lavorare per arrivare a una separazione consensuale. 
Se la coppia ha dei figli la psicoterapeuta li aiuterà per vivere con serenità questa situazione di cambiamento.

La fine di un matrimonio stravolge l’esistenza: ci sono molteplici questioni pratiche da affrontare.
Per venire incontro a queste problematiche offriamo numerosi servizi, tra i quali la ricerca, in tempi brevi e a
prezzi convenienti, di una nuova abitazione per i neo single, il trasloco, la ricerca di collaboratori domestici affidabili e anche il dog sitter.

Scongiuriamo l'isolamento in cui tendono a cadere i neo divorziati aiutandoli a vedere questa nuova fase della
vita non come una fine ma come un inizio, per questo abbiamo approntato delle iniziative ad hoc:
week end dedicati al benessere psico fisico, spa, incontri con esperti di moda, personal shopper.
Tante occasioni per riscoprire se stessi, fare nuove amicizie e tornare a sorridere.